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martedì 24 aprile 2018

La vastita’ del cosmo


clip_image002Oggi grazie al progresso tecnologico, gli astronomi riescono ad andare indietro nel tempo ed osservare l’universo subito dopo il Big Bang (circa 380000 anni dopo). Questo perche’ la velocita’ della luce e’ costante e quindi un raggio luminoso di una stella per arrivare a noi impieghera’ un tempo tanto maggiore quanto piu’ e’ lontana da noi. Questo sembra indicare che l’intero universo sia alla portata dei nostri telescopi. Essendo l’eta’ del nostro Universo di 13.7 miliardi di anni questo significa che gli astronomi possono orientare i loro telescopi in ogni direzione dello spazio ottenendo cosi una sfera visibile di 13.7 miliardi di anni luce e con la terra al suo centro. Ma noi sappiamo che l’universo si sta espandendo e questo fa si che il diametro dell’universo osservabile sia di ben 92 miliardi di anni luce. Ma come e’ possibile?

Per rispondere dobbiamo partire dalla ben nota legge di Hubble. Questa stabilisce che la velocita' di recessione delle Galassie e' proporzionale alla loro distanza cioe':

Vr=H*d

dove la costante di proporzionalita' H oggi e' chiamata costante di Hubble e le cui dimensioni sono quelle di un inverso del tempo. La migliore stima conosciuta oggi per questa costante e' :

~ 67 (Km/s)/Mpc

dove Mpc (Mega parsec) e' una misura di distanza equivalente a 3*1022 metri. Volendo esprimere la costante di Hubble in 1/sec abbiamo:

H=(67*1000)/(3*1022)=67/3*103*10-22=67/3*10-19=22.3*10-19 1/sec

Detto cio' dobbiamo fare una precisazione: nella relativita' di Einstein non sono le galassie ad allontanarsi tra loro ma lo spazio tra di esse a dilatarsi (da ogni punto del cosmo "emerge' di continuo nuovo spazio). Possiamo fare l'esempio classico del palloncino con sopra incollate delle monetine. Quest'ultime rappresentano le nostre galassie e la superficie del palloncino il tessuto spazio-temporale del cosmo. Se gonfiamo il palloncino (espansione dell'universo) la sua superficie aumenta e le monetine si allontaneranno sempre di piu' senza pero' che le loro dimensioni cambino. Questo e' quello che succede alle galassie "incastonate" nella trama dello spazio tempo. Quest'ultimo si dilata, le galassie si allontanano ma le loro dimensioni rimangono inalterate. Questa dilatazione del cosmo implica alcuni problemi con la misura di distanza. Se l'universo fosse statico allora due galassie qualsiasi sarebbero ad una certa distanza immutabile nel tempo essendo tutto fermo. In questo caso supponendo che una delle galassie sia la nostra, la seconda galassia sarebbe ad una certa distanza da noi e la luce emessa da ques'ultima arriverebbe a noi dopo un tempo dato dalla distanza diviso la velocita' della luce (massima velocita' possibile per gli oggetti all'interno dell'universo). Quando la luce ci raggiunge la galassia che l'ha emessa starebbe sempre li alla stessa distanza di quando la luce e' partita. Ma noi sappiamo che l'universo non e' statico ma e' in espansione e in questo momento sta addirittura accelerando. Questo significa che quando una stella o una galassia emette la luce si troveranno ad una certa distanza chiamiamola d1 da noi. Una volta che I fotoni partono alla volta della nostra terra, il corpo che ha emesso la luce trovandosi "incastrato" nella trama dello spazio tempo subira' una dilatazione che lo portera' ad allontanarsi dalla terra seguendo la legge di Hubble. Quando i fotoni arriveranno sulla Terra il corpo che l'ha emessi sara' adesso ad una distanza d1+d2 dove d2 e' la distanza coperta dall'oggetto nel tempo in cui i fotoni sono arrivati sulla terra. Questa distanza dc=d1+d2 viene chiamata distanza comovente che e' ben diversa dal concetto di distanza che abbiamo noi quando misuriamo per esempio la lunghezza di un'asta con lo spazio tempo che fa da spettatore. Supponiamo adesso che una stella emetta un fotone da una distanza di 13 miliardi di anni luce. Questo vuol dire che il fotone arrivera' sulla terra dopo 13 miliardi di anni. Ma durante tutti questi anni la stella ha continuato ad allontanarsi da noi a causa dell'espansione dell'universo e quindi si trovera' ben piu' lontana dei 13 miliardi di anni luce iniziali. Ma a che velocita' si espande lo spazio tempo? C'e' un limite cosi come per gli oggetti nell'universo? La risposta e' no. Lo spazio tempo non e' soggetto al vincolo della velocita' della luce. Partendo dalla legge di Hubble possiamo calcolare a quale distanza dalla Terra una galassia "incastonata" nello spazio tempo raggiunge la velocita' della luce. Partendo dalla legge di Hubble e sostituendo c a Vr:

c=H*d

d=c/H=13.4 miliardi di anni luce

Per distanze superiori a questa chiamata raggio di Hubble le galassie si allontanano radialmente dalla terra ad una velocita' maggiore della luce. Questo raggio ci dice che per tutto quello che si trova al di la' di esso non potremo piu' avere nessuna informazione. Questo limite e' anche chiamato orizzonte degli eventi. In cosmologia esiste anche un' altra definizione molto importante che va sotto il nome di "universo osservabile". ovvero quella regione del cosmo da cui abbiamo potuto ricevere anche in passato un segnale luminoso. Come gia' detto se l'universo fosse statico tale regione si estenderebbe per 13.7 miliari di anni luce perche' questa sarebbe la distanza percorsa dalla luce dal Big Bang ad oggi. Ma l'universo nel frattempo si e' dilatato e secondo le equazioni differenziali della relativita' generale di Einstein, il raggio di tale regione sarebbe di ~46 miliardi di anni luce. Questa equazione differenziale lega la distanza comovente al redshift z e non e' risolvibile in forma chiusa ma solo analiticamente. La forma matematica della distanza comovente in funzione del redshift e' una sigmoide che parte da zero e tende a saturare al valore di ~46 miliardi anni luce per valori di z intorno a 1000. Quindi il diametro dell'universo osservabile e' di circa 90 miliardi di anni luce. Chiudiamo con un esempio pratico. Consideriamo la galassia Z8-GND 5296 con un parametro di redshift z di 7.5 (misurato dal telescopio Hubble alcuni anni fa). Grazie alla relazione che lega la velocita' radiale di un corpo con lo spostamento della lunghezza d'onda della radiazione ricevuta rispetto a quella emessa (parametro redshift z):

Vr=[((z+1)2-1)/((z+1)2+1)]*c

possiamo ricavare la velocita' di recessione della galassia Z8-GND 5296 che risulta essere di 3*108 m/s. Utilizzando la legge di Hubble possiamo stabilire la distanza rispetto alla terra pari a

d=Vr/H=0.13*1025 metri

d=0.13*1027*10-16=0.13*1011=13*109 anni luce

essendo

1 m=10-16 anni luce

Quindi la galassia Z8-GND 5296 si stava allontanando da noi ad una velocita' di 300 milioni di m/s, e si trovava ad una distanza di 13 miliardi di anni luce quando ha emesso la luce che Hubble ha raccolto. La luce raccolta e' stata emessa appena 700 milioni di anni dopo il Big Bang. E in questo momento dove si trova questa Galassia? Poiche' l'universo sta accelerando di sicuro ad una distanza maggiore di quando la luce raccolta da Hubble parti per il suo lungo viaggio verso la terra e cioe' maggiore di 13 miliardi di anni luce. Utilizzando il grafico di cui abbiamo gia' parlato che lega la distanza comovente con il parametro z si calcola infatti un valore di circa 30 miliardi di anni luce. In definitiva, come conseguenza dell'espansione dell'universo che puo' avvenire ad una velocita' maggiore di quella della luce ci troviamo nella situazione in cui per molte galassie non potremo avere piu' nessun tipo di contatto trovandosi queste al di la' dell'universo osservabile. Per altre riceveremo ancora un segnale e quindi saranno visibili fino a quando non oltrepasseranno l'universo osservabile e altre ancora che oggi non sono visibili perche' troppo lontane, che appariranno ai nostri occhi appena la luce ci raggiungera'. Questo l’universo osservabile. E quello che e’ nascosto a noi quanto e’ grande? Dipende dalla sua forma. Secondo la relativita’ generale la foma a sua volta dipende da quanta materia/energia c’e’ nell’Universo visto che essa curva il tessuto spazio-temporale. Gli scienziati hanno calcolato una densita’ critica dc direttamente proporzionale al quadrato della costante di Hubble H, cioe’

dc=k*H2

dove k e’ una costante. Il rapporto tra la densita’ misurata e quella critica in genere viene indicata con la lettera greca omega. La densita’ critica e’ quella che rende l’energia cinetica dell’espansione uguale all’energia potenziale gravitazionale del volume che si sta espandendo. Consideriamo una sfera piena di galassie centrata nella nostra posizione. Sia r il raggio di questa sfera e d la densita’ di materia al suo interno. Una galassia di massa m e a distanza r subira’ un’attrazione della materia contenuta in tale sfera di massa totale M, e quindi l’energia potenziale dell’espansione sara’

(G*m*M)/r=(G*m*d*4/3*p*r3)/r

dove G e’ la costante gravitazionale e p la costante pi-greco (3.14…).

Uguagliando questo valore a quello dell’energia cinetica:

1/2*mv2=1/2*m*H2 *r2

dove H e’ la costante di Hubble, otteniamo che la densita’ critica e’ data da:

dc = (3/8*H2)/(p*G)=10-29 g/cm3

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Se la densita’ dell’Universo fosse minore di quella critica cioe’ se omega fosse negativa, allora non ci sarebbe abbastanza materia per fermare l’espansione del cosmo, che continuerebbe per sempre. La forma risultante sarebbe curvata come la superficie di una sella. Questo e’ conosciuto come un Universo aperto.

Se la densita’ fosse maggiore di quella critica (omega positiva) allora ci sarebbe abbastanza materia per fermare l’espansione dell’Universo. In questo caso l’Universo risulterebbe chiuso e finito e avrebbe una forma sferica. Una volta che l’universo arresta la sua espansione iniziera’ a contrarsi e le galassie ad avvicinarsi sempre di piu’. Probabilmente in questo caso l’Universo subira’ un processo inverso del Big Bang, chiamato Big Crunch. Questo e’ conosciuto come un Universo chiuso. Se l’Universo invece contenesse una quantita’ di materia tale da far si che la densita’ sia uguale a quella critica, allora il tasso di espansione diminuira’ lentamente in un tempo infinito. In questo caso l’Universo e’ considerato piatto e di dimensione infinita.

Detto cio’ e’ ovvio che ci chiediamo quale e’ il valore della densita’ o anche del parametro omega dell’Universo.

Per stabilirlo bisogna conoscere quanta materia e radiazioni ci sono nel cosmo. La materia ordinaria e’ presente in diverse forme: pianeti, stelle, polveri, gas interstellare e intergalattico. Se valutiamo la densita’ di questa materia al massimo otteniamo circa il 5% della densita’ critica. Anche la radiazione e’ presente in grande quantita’ come energia elettromagnetica o come particelle relativistiche. Ma essa rende conto di meno del 1% della densita’ critica. Quindi se nell’universo ci fossero solo queste due forme di massa-energia, la densita’ sarebbe inferiore a quella critica, e l’universo continuerebbe ad espandersi senza fine. Sappiamo, pero’, che nell’Universo esiste un’altra forma di massa-energia, la cosiddetta “materia oscura”. Essa e’ stata introdotta per spiegare i movimenti delle stelle nelle galassie e delle galassie negli ammassi di galassie. Le stelle periferiche di una galassia per esempio, si muovono cosi’ velocemente che volerebbero via se non ci fosse una quantita’ significativa di materia superiore a quella visibile all’interno della galassia, capace di attirarle verso il centro compensando la forza centrifuga. Cosa sia la materia oscura ancora non si sa e non si sa nemmeno quanta ce ne sia. Le misure piu’ recenti tendono a convergere ad una stima di circa il 25% della densita’ critica.

Esiste un quarto contributo possibile alla composizione dell’Universo, che e’ stato ipotizzato per spiegare l’osservazione dell’accelerazione dell’espansione dell’Universo. Questo significa che nell’universo deve essere presente una strana forma di energia a pressione negativa che e’ stata chiamata energia oscura. Questa produce una repulsione e quindi aiuta l’espansione dell’Universo, facendola accelerare non appena diventa la forma di energia dominante. In base ai calcoli piu’ recenti tale energia dovrebbe costituire circa il 70% della densita’ critica e quindi essere la componente piu’ importante del nostro Universo. Una forma di energia con le stesse caratteristiche di quella oscura potrebbe essere l’energia del vuoto, misurata sperimentalmente e dovuta alla creazione e annichilazione continua di particelle-antiparticelle. La fisica fondamentale pero’ prevede un valore per questa energia decisamente piu’ alto di quello misurato e quindi al momento non esiste una teoria soddisfacente del fenomeno. A causa delle grosse incertezze sulla materia oscura e sull’energia oscura e’ praticamente impossibile stabilire se la densita’ totale dell’Universo sia superiore, inferiore o uguale a quella critica. Bisogna trovare quindi un modo indipendente per stimare la densita’ dell’Universo. Gli scienziati hanno pensato di usare la geometria e curvatura dello spazio tempo, misurando gli effetti che questa produce sui raggi di luce provenienti da distanze enormi. Come gia’ detto prima, la massa-energia presente nel nostro Universo secondo la relativita’ generale tendera’ a curvare lo spazio-tempo sia a grandi che a piccole scale. Dalle equazioni della relativita’ generale ci aspettiamo una curvatura positiva se il parametro omega e’ maggiore di 1, nulla se omega e’ uguale a 1 e negativa se omega e’ minore di 1. La curvatura su larga scala agira’ sui raggi di luce di oggetti molto lontani. Se la curvatura dello spazio tempo fosse positiva i raggi di luce convergerebbero e quindi le sorgenti apparirebbero piu’ grandi come succede quando viene utilizzata una lente di ingrandimento. In caso di curvatura negativa accadrebbe esattamente il contrario con le sorgenti che apparirebbero piu’ piccole, come dietro ad una lente divergente. Se esistesse un metodo per stabilire se la luce proveniente da sorgenti lontanissime viaggia in linea retta oppure no, potremmo determinare la geometria globale dell’Universo e quindi omega. Questo approccio e' stato tentato a lungo in passato, utilizzando le galassie lontane come sorgenti dei raggi di luce. Ma le galassie piu' lontane sono anche viste in un’ epoca piu' antica della loro evoluzione, e risultano essere irregolari, per cui e' difficile capire se eventuali deformazioni delle loro immagini siano dovute ad una eventuale curvatura dei raggi di luce durante il loro cammino, o siano piuttosto il risultato della irregolarita' delle sorgenti. Come si fa allora a misurare la curvatura dell’Universo? Ricorrendo a quella che gli scienziati chiamano radiazione cosmica di fondo. Vediamo di cosa si tratta. L’universo subito dopo il Big Bang subi’ tutta una serie di transizioni fino ad arrivare in uno stato di plasma (elettroni, protoni, nuclei di He e fotoni) dopo 380000 anni. A causa della diminuzione di temperatura in questo momento l’Universo cessa di essere un plasma e si formano i primi atomi cosi come li conosciamo noi. I fotoni smettono di interagire con le altre particelle (con la temperatura diminuisce la loro energia) e da questo momento in poi non potranno fare altro che iniziare a vagare per il cosmo senza piu’ interagire con la materia. Dunque ancora oggi dopo 13.7 miliardi di anni di vita questa radiazione pervade l’intero Universo ( si tratta di microonde come quelle dei forni usati in cucina) e che noi chiamiamo radiazione cosmica di fondo o piu’ semplicemente radiazione fossile. Oggi per ogni metro cubo di spazio ci sono circa 200 milioni di fotoni fossili e questi non avendo interagito con nulla trasportano informazioni relative all’Universo di 380000 anni dopo il Big Bang. La temperatura o energia di questa radiazione oggi e’ di solo 2.725 gradi Kelvin (cioe’ circa 270 gradi sotto lo zero) mentre all’inizio era di circa 3000 K. Il raffreddamento della radiazione fossile e’ avvenuto in conseguenza del fatto che tutte la dimensioni dell’Universo sono aumentate di un fattore dato dal rapporto 3000/2.725=1100. Ricordiamo infatti che dalla prima legge della termodinamica in caso di processo adiabatico se il volume di un gas aumenta allora la temperatura diminuisce. Una misura accurata della radiazione fossile e’ stata eseguita prima dal satellite WMAP e dopo dal satellite Planck, che oltre al valore medio della temperatura di 2.725 K hanno anche misurato delle piccolissime fluttuazioni di temperatura dipendenti dalla direzione da cui proviene la radiazione. Si tratta di fluttuazioni veramente piccolissime (decimillesimo di grado) ma nonostante cio’ sono molto importanti per dare diverse risposte sull’Universo appena nato. In effetti WMAP/Plank hanno scattato una fotografia dello stato termico dell’Universo come si presentava circa 13.7 miliardi di anni fa

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Dall’analisi della mappa della radiazione fossile si e’ scoperto che approssimativamente tutte le macchie che indicano una fluttuazione di temperatura hanno le stesse dimensioni. Ma come mai ci sono queste fluttuazioni? Esse hanno avuto origine in una frazione di secondo dopo il Big Bang e consistevano di addensamenti o di rarefazioni locali di materia e di fotoni. La materia contenuta in queste fluttuazioni tendeva ad attrarre materia verso il centro grazie alla forza gravitazionale mentre i fotoni tendevano a farla espandere a causa della pressione di radiazione. Si trattava quindi di sistemi non in equilibrio che si espandevano e si contraevano rispetto alla loro posizione di equilibrio. In pratica l’Universo vibrava come vibra l’aria a causa di un suono. Al momento del disaccoppiamento tra materia e radiazione ogni fluttuazione e’ stata sorpresa in qualche istante della sua oscillazione. Poiche’ la crescita e contrazione avvengono ad una velocita’ pari a c/31/2 dove c e’ la velocita’ della luce, al momento del disaccoppiamento della materia le dimensioni di tali fluttuazioni erano:

3*108/31/2 m/s * 380000 *3*107 s=2*1021 m

A partire da quel momento l’estensione delle fluttuazioni e’ cresciuta insieme all’universo espandendosi di circa 1100 volte (cosi come qualsiasi altra dimensione del cosmo). Quindi oggi l’estensione di queste fluttuazioni dovrebbe essere:

h=1100*2*1021 =2.2*1024 m

Proviamo a fare adesso un piccolo calcolo. Da quando l’Universo e’ iniziato la radiazione ha percorso quasi

L=3*108*13.7*109*365*24*3600=1.2*1026 m

Se l’universo avesse una curvatura nulla, allora i raggi di luce provenienti dalle fluttuazioni primordiali formerebbero un triangolo e noi dovremmo osservare queste fluttuazioni sotto un angolo dato da:

h/L=2.2*1024/1.2*1026 radianti=1 grado

o sotto un angolo minore/maggiore se lo spazio avesse una curvatura negativa/positiva.

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Le misure piu’ recenti indicano che l’Universo sia piatto, suggerendo quindi che sia anche infinito, cosa che non potremo mai verificare con i nostri telescopi essendo l’Universo visibile limitato.

Ma come mai tra tutti i possibili universi variamente curvi il nostro e’ proprio piatto? Come e’ potuto succedere che la densita’ media della materia e dell’energia abbia assunto tra gli infiniti valori possibili proprio il valore che rende piatto lo spazio-tempo? Al momento nessuno lo sa.

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sabato 14 febbraio 2015

Il tempo. Questione di complessita’'?

 

Tutti siamo convinti del fatto che il tempo scorra sempre in avanti senza mai poter tornare indietro. Ma quale meccanismo e’ alla base di un tale comportamento?

Le leggi fondamentali della fisica non dipendono dalla direzione temporale, eppure il futuro e’ cosi significativamente diverso dal passato. Ma perche’? L’origine della freccia del tempo ha interessato fisici e filosofi per piu’ di un secolo. Questi hanno cercato di trovare una soluzione ma senza riuscirci. Ancora oggi questa legge rimane uno dei problemi fondamentali concettuali della fisica. In uno studio recente pubblicato sul giornale Physical Review Letters un gruppo di fisici dell’Universita’ di Oxford ha studiato proprio la “freccia del tempo” evidenziando un modo diverso di guardare a come il tempo si manifesta alle scale universali. Tradizionalmente, il tempo e’ stato descritto con “l’ipotesi del passato”, secondo la quale ogni sistema inizia in uno stato di bassa entropia per poi, guidato dalla termodinamica, portarsi in uno stato con entropia sempre maggiore. In parole semplici: il passato e’ bassa entropia e il futuro alta entropia, un concetto conosciuto come l’asimmetria del tempo termodinamico.

Nella nostra vita di tutti I giorni, possiamo trovare molti esempi di aumento di entropia, come il gas che riempie una camera o un cubetto di ghiaccio che fonde. In questi esempi, si osserva un aumento irreversibile di entropia (e quindi di disordine). Se questo viene applicato su scala universale, si presume che il Big Bang abbia generato l’universo partendo da uno stato di minima entropia. Dopo eoni, mentre l’universo si espandeva e si raffreddava, l’entropia ha iniziato ad aumentare. Per questo motivo il tempo e’ intrinsecamente collegato col grado di entropia, o disordine, del nostro universo. Ma ci sono alcuni problemi.

Subito dopo il Big Bang, il primo universo era un posto molto caldo pieno di particelle primordiali caotiche. Non appena l’universo inizio’ a raffreddarsi, la gravita’ prese il sopravvento rendendo l’universo piu’ ordinato e piu’ complesso: dal raffreddamento delle nuvole di gas, iniziarono a formarsi le prime stelle e poi i pianeti. Questo rese possibile l’inizio della chimica organica, della vita e quindi degli umani che iniziarono a filosofeggiare circa il tempo e lo spazio. Su scala universale, percio’, il disordine effettivamente e’ diminuito e non aumentato come previsto “dall’ipotesi del passato”. Come e’ possibile? Siccome l’entropia e’ una quantita’ fisica dimensionale c’e’ la necessita’ di un riferimento esterno rispetto al quale misurarla. Questo puo’ essere fatto solo per sottosistemi dell’Universo e non per l’intero Universo, in quanto per definizione non c’e’ nulla all’esterno dell’Universo. Quindi se non e’ l’entropia a guidare il tempo in avanti di cosa si tratta? La complessita’ e’ una quantita’ adimensionale che descrive quanto e’ complesso un sistema. Quindi se uno guarda al nostro Universo, la complessita’ e’ direttamente collegata col tempo; come il tempo scorre l’Universo diventa sempre piu’ organizzato e strutturato.

Chi ha posto l’Universo inziale in uno stato di minima entropia? La risposta del team di studiosi e’: la gravita’ e la sua tendenza a creare ordine e complessita’ dal caos. Per provare questa ipotesi il gruppo di fisici ha creato dei modelli al computer per simulare le particelle in un universo virtuale. Essi hanno trovato che indipendentemente dalla simulazione utilizzata, la complessita’ dell’Universo aumenta sempre e non decresce mai col tempo.

Con il Big Bang, l’universo e’ partito da uno stato di minima complessita’ (un brodo di particelle ed energia). Da quel momento in poi col susseguente raffreddamento la gravita’ inizio ‘ a prevalere sulle altre interazioni: i gas cominciarono ad aggregarsi, si formarono le stelle e le galassie cominciarono ad evolversi. L’universo divento’ inesorabilmente piu’ complesso con la gravita’ la forza responsabile dell’aumento della complessita’. Ogni soluzione del modello gravitazionale utilizzato dal gruppo di ricercatori ha la proprieta’ di avere qualche stato passato molto omogeneo caotico (eventualmente proveniente dalla contrazione precedente della materia) e non strutturato che assomiglia molto al plasma che costituiva l’universo al tempo in cui veniva generata la radiazione di fondo cosmica (CMB).

A partire da questo stato col passare del tempo la gravita’ aumenta le inomogeneita’ creando le strutture cosmiche e quindi l’ordine in modo irreversibile. Come l’universo matura, i suoi sotto sistemi diventano abbastanza isolati da far si che altre forze comincino a far sentire I loro effetti e quindi a settare nei sistemi a bassa entropia le condizioni per avere la classica freccia del tempo. In questi sotto sistemi, come la nostra Terra, l’entropia crea una freccia termodinamica del tempo.

L’Universo e’ una struttura la cui complessita’ e’ in crescita. Esso e’ formato da miliardi di galassie separate tra loro da vaste “bolle” vuote. In un passato lontano erano molto piu’ vicine di adesso. Quindi la congettura del team di ricerca e’ che la nostra percezione del tempo risulti da una legge che determina una crescita irreversibile della complessita’.

Il prossimo passo sara’ quello di cercare delle evidenze dalle osservazioni dell’universo. Il team ha stabilito quali tipi di esperimenti mettere in piede per testare la loro idea. Si trattera’ di fare le giuste osservazioni cosmologiche.

Risolto quindi il problema della freccia del tempo? Probabilmente ancora no. Rimane il mistero del perche’ le frecce del tempo di diversi sistemi fisici puntano tutte nella stessa direzione. Le onde elettromagnetiche vengono ritardate non anticipate; I nuclei radioattivi decadono e mai si riassemblano; I sistemi gravitazionali si aggregano e mai si disperdono; noi tutti ricordiamo il passato e non il futuro. Quello che andrebbe dimostrato e’ che effettivamente queste disparate frecce temporali puntano tutte nella stessa direzione indicata dal modello gravitazionale proposto. Comunque i risultati presentati dagli scienziati di Oxford forniscono un nuovo intrigante punto di vista. La loro visione offre l’evidenza che l’ordinaria dinamica gravitazionale (quella Newtoniana per intenderci) puo’ essere sufficiente a produrre un semplice punto iniziale che puo’ dare una direzione al tempo. Non ci resta che aspettare ulteriori sviluppi futuri.

venerdì 28 febbraio 2014

Una nuova stima della massa dei neutrini

 
Oggi parliamo di un argomento che mi sta molto a cuore visto che e’ stato argomento della mia tesi di laurea: la massa dei neutrini. All’epoca della mia tesi si pensava che la materia oscura che pervade l’intero universo potesse essere spiegata con la massa dei neutrini. Ci furono diversi esperimenti in tutto il mondo che cercavano di stabilire la massa di questi oggetti evanescenti e quello a cui partecipai anche io (CHARM II) era uno di questi. Si cercavano le cosiddette oscillazioni di neutrini (cioe’ il passaggio spontaneo dei neutrini da un sapore all’altro) previste teoricamente dal grande fisico italiano Bruno Pontecorvo che ho avuto la fortuna di conoscere di persona durante un convegno al CERN di Ginevra. La sua teoria prevede le oscillazioni dei neutrini solo se essi hanno una massa diversa da zero.
 
 
Nella figura sopra, la curva blu rappresenta la probabilità che il neutrino mantenga il sapore originario, mentre la curva rossa rappresenta la probabilità che cambi sapore. La frequenza di oscillazione dipende da Δm2, la differenza tra le masse al quadrato dei diversi neutrini.
 
 
Purtroppo CHARM II non fu in grado di rilevare tali oscillazioni. Esse furono osservate per la prima volta una decina di anni dopo all’osservatorio Giapponese di Super-Kamiokande. Tali esperimenti hanno permesso di determinare un limite superiore alla massa dei neutrini che pur risultando molto piccola non e’ uguale a zero in contrasto con quanto previsto dal Modello Standard. In questi giorni due ricercatori dell’Universita’ di Manchester e Nottingham sembrano aver stabilito con grande accuratezza la massa dei neutrini utilizzando i risultati del satellite Planck il cui compito e’ quello di mappare la radiazione cosmica di fondo (in inglese Cosmic Microwave Background CMB) e le misure della curvatura dello spazio-tempo tramite le lenti gravitazionali (per maggiori dettagli sulle lenti consultare il precedente post sul mio blog).
 
 
La radiazione cosmica di fondo e’ la luce residua dell’universo neonato partita 380000 anni dopo il Big Bang quando il raffreddamento dell’universo permise la formazione degli atomi neutri e alla luce di cominciare il suo grande viaggio attraverso l’oscurita’ dell’Universo ormai divenuto trasparente. I fotoni si separarono definitivamente dalla materia (vedi immagine sotto). Oggi questi fotoni fossili, infiacchiti dai miliardi di anni trascorsi bombardano in continuazione il nostro pianeta. La loro lunghezza d’onda e’ dell’ordine del millimetro e quindi fanno parte dello spettro delle micro-onde, le stesse di quelle prodotte nei nostri forni a micro-onde. Prima che la luce si disaccoppiasse dalla materia l’universo era completamente opaco in quanto i fotoni venivano continuamente catturati dalla materia. La radiazione cosmica di fondo, quindi e’ il segnale piu’ antico che possiamo captare oggi e la cosa piu’ lontana che possiamo osservare. La “mappatura” di questa radiazione di fondo ha permesso di scoprire che 380000 anni dopo il Big Bang la materia non era distribuita uniformemente (cosa che non avrebbe permesso la creazione di tutte le strutture cosmiche oggi visibili) ma c’erano delle disuniformita’ oggi visibili come piccolissime differenze di temperatura visto che l’energia dei fotoni e’ proporzionale alla densita’ della materia. Lo studio della radiazione fossile ha permesso agli scienziati di misurare accuratamente alcune costanti cosmologiche come la quantita’ di materia presente nel nostro Universo e la sua eta’. Tuttavia emergono alcune discrepanze quando si prendono in considerazione strutture dell’Universo su grande scala come la distribuzione delle galassie.
 
 
Come ha spiegato il professor Richard Battye dell’Universita’ di Manchester, il numero di ammassi di galassie osservato e’ minore di quello che i dati del satellite Planck sembrano suggerire. Inoltre i segnali di questi ammassi misurati grazie all’effetto delle lenti gravitazionali sono piu’ deboli di quanto previsto dalla distribuzione della radiazione cosmica di fondo (CMB). Un modo per risolvere questo dilemma e’ ipotizzare che i neutrini abbiano massa. Il loro effetto sarebbe quello di sopprimere la crescita delle strutture dense che portano alla formazione degli ammassi di galassie. L’interazione tra i neutrini e gli altri costituenti della natura e’ molto debole e quindi sono difficili da osservare. Inizialmente (come gia’ detto all’inizio di questo post) si suppose che essi fossero delle particelle prive di massa ma gli esperimenti successivi come quelli delle oscillazioni dei neutrini dimostrarono il contrario. La somma delle masse dei tre sapori di neutrino (elettronico, muonico e tauonico) era stata determinata essere maggiore di 0.06 eV (molto meno di un  miliardo di volte la massa del protone). Nello studio del Professor Battye e dei suoi collaboratori, combinando i risultati del satellite Planck e delle immagini di galassie lontane rese visibili dall’effetto delle lenti gravitazionali, e’ stato stabilito che la somma della massa dei neutrini e’ pari a 0.320+/-0.081 eV. Il Dottor Adam Moss, uno degli autori della ricerca, in un intervista ai giornalisti ha affermato che “se questo risultato verrà confermato da ulteriori analisi, non solo contribuirà ad accrescere le nostre conoscenze del mondo subatomico, ma sarà anche un’importante passo avanti per un’estensione del modello standard della cosmologia sviluppato negli ultimi dieci anni”.

sabato 19 ottobre 2013

Onde gravitazionali: increspature del tessuto spazio-temporale



Albert Einstein predisse l’esistenza delle onde gravitazionali nel 1916 all’interno della teoria della Relativita’ Generale. In essa lo spazio e il tempo sono aspetti di una singola realta’ misurabile chiamata spazio-tempo. Materia ed energia sono le due facce della stessa medaglia. E’ possibile pensare allo spazio-tempo come ad un tessuto; la presenza di grandi quantita’ di materia o energia distorce lo spazio-tempo (cioe’ deforma il tessuto) ed e’ questa distorsione che noi percepiamo come gravita’. Oggetti in caduta libera, siano essi palloni, mele o satelliti, seguono il cammino piu’ corto in questo spazio-tempo curvato.
 

Attenzione. La ricostruzione bidimensionale riportata qui sopra e’ solo un modello usato per rappresentare quello che nella realta’ e’ uno spazio a 4 dimensioni (3 spaziali e una temporale). Osservare anche che la curvatura del tessuto e’ debole lontano dalla massa mentre e’ molto accentuata nelle sue vicinanze. E’ chiaro che la perturbazione dello spazio-tempo dipende dalla quantita’ di materia o di energia. Maggiore e’ la massa maggiore e’ la curvatura sia dello spazio che del tempo. Non e’ difficile quindi immaginare cosa succeda all’aumentare della massa. Ad un certo punto il tessuto si strappa e si forma quello che conosciamo come un buco nero. La massa e’ cosi’ grande che niente puo’ sfuggire al suo intenso campo gravitazionale. Qualsiasi cosa che orbita nelle vicinanze cade all’interno del buco nero senza mai piu’ poter tornare indietro incluso la luce.
Ma cosa sono le onde gravitazionali? La maggior parte degli scienziati le descrivono come delle “increspature” dello spazio-tempo cosi come una barca che attraversa l’oceano calmo produce delle onde nell’acqua. Queste onde dovrebbero essere prodotte da masse in movimento come stelle o buchi neri. Piu’ gli oggetti sono massicci e piu’ potenti saranno le onde gravitazionali; piu’ gli oggetti si muovono velocemente e maggiore sara’ il numero di onde prodotte in un certo intervallo di tempo. Gli eventi piu’ interessanti quindi per la rilevazione di onde gravitazionali sono: scontri tra buchi neri, scontro tra due galassie (merging in inglese) o coppie di stelle di neutroni.  


Buchi neri, stelle o galassie in orbita tra loro e ancora di piu’ se si scontrano, “emanano” onde gravitazionali verso lo spazio esterno che raggiungono poi la Terra. Le onde gravitazionali rispetto a quelle elettromagnetiche sono molte piu’ deboli ma hanno il vantaggio di poter passare attraverso la materia senza essere significativamente perturbate.Per questo ci possono aiutare a capire meglio l’universo. Per esempio l’unica possibilita’ per poterci avvicinare al Big Bang con le nostre osservazioni e’ quella di usare le onde gravitazionali in quanto con la luce possiamo arrivare fino a circa 300000 anni dopo il grande scoppio ( a causa della continua interazione dei fotoni con la materia in quel burrascoso periodo). Gli scienziati credono che come il Big Bang abbia creato la cosiddetta radiazione cosmica di fondo abbia dato origine anche ad un diluvio di onde gravitazionali. Da quello che sappiamo oggi queste onde sono l’unica forma di informazione capace di arrivare a noi dopo il Big Bang senza essere state distorte. Esse dovrebbero apparire come un fondo “stocastico” o “randomico” e dovrebbero portare con se le informazioni sulla loro violenta origine e sulla natura della gravita’ che non possono essere ottenute con nessun altro oggetto astronomico. Sfortunatamente quando queste onde arrivano sulla Terra sono estremamente deboli e quindi difficili da rilevare. Questo e’ dovuto al fatto che come per le onde nell’acqua, l’intensita’ diminuisce man mano che ci si allontana dalla sorgente. Gli scienziati hanno dovuto usare la loro immaginazione per realizzare degli strumenti abbastanza sensibili per cercare di rilevare queste leggere variazioni dello spazio-tempo. La tecnica e’ quella dell’interferometria. Delle masse di prova vengono poste a grande distanza tra loro e dei laser continuamente misurano la distanza di queste masse. Le masse sono libere di muoversi in modo che quando passa un’onda gravitazionale la distanza tra esse viene disturbata e quindi fluttua. In altre parole lo spazio tempo verra’ allungato o accorciato a seconda della direzione dell’onda gravitazionale. I laser registrano queste variazioni della distanza permettendo agli scienziati di poter capire se e’ passata o meno un’onda gravitazionale. Piu’ grande e’ la distanza tra le masse, e piu’ i laser sono sensibili alle piccole fluttuazioni. Al momento ci sono diversi progetti sparsi per il mondo alla ricerca di queste onde: LIGO (USA), VIRGO (Italia/Francia), GEO (Germania/Gran Bretagna), TAMA (Giappone) e il progetto LISA (Agenzia Spaziale Europea) che dovrebbe entrare in funzione nel 2017. Quest’ultimo sara’ l’unico rilevatore a non trovarsi sulla superficie terrestre ma nello spazio. Esso sara’ costituito da tre satelliti artificiali posti ai lati di un triangolo equilatero, separati tra loro da una distanza di 5 milioni di chilometri. Questo triangolo si muovera’ in un’orbita solare, alla distanza di 1UA dal sole.
 


Il rilevatore LIGO (Laser Interferometer Gravitational-Wave Observatory ) invece e’ stato uno dei primi interferometri costruiti e ad oggi e’ quello piu’ sensibile. Si trova in America ed e’ un progetto congiunto tra scienziati del California Institute of Technology (Caltech) e del Massachusetts of Technology (MIT). E’ costituito da 3 rivelatori posti nelle citta’ di  Livingston, Hanford Site e Richland. Ognuno di essi e’ costituito da due bracci lunghi dai 2 ai 4 Km, posti ad angoli di 90 gradi tra loro, con la luce che passa attraverso dei tubi a vuoto del diametro di 1 m. Un’onda gravitazionale che colpisce il rivelatore tendera’ in una direzione ad allungare leggermente il braccio e nell’altra ad accorciarlo.
 


Sono queste piccole variazioni che i fisici del pianeta stanno cercando. Ma nonostante i lunghi bracci, le onde gravitazionali piu’ intense cambierebbero la distanza tra le estremita’ dei bracci di solo circa 10-18 metri (cioe’ un 1 preceduto da 18 zeri). La massima risoluzione che si puo’ ottenere al momento con LIGO e’ dell’ordine di 5X10-22 metri. Ma come si spiegano queste piccole fluttuazioni? L’intensita’ del campo delle onde gravitazionali, e’ espressa dal fattore adimensionale h=(GM/Rc2)(v2/c2)
dove il primo fattore e’ il potenziale Newtoniano dovuto ad una massa M ad una distanza R diviso la velocita’ della luce al quadrato. Il secondo fattore invece e’ il fattore relativistico essendo il rapporto tra il quadrato della velocita’ del sistema e quella della luce al quadrato. Essendo le distanze R delle sorgenti di onde gravitazionali molto grandi questo fa si che il parametro h sia molto, molto piccolo, da rendere quasi impossibile l’individuazione delle onde gravitazionali.
Ad oggi nessuno degli esperimenti e’ riuscito a “vedere” le onde gravitazionali. Ma questo non e’ un insuccesso in quanto contribuisce comunque a chiarire alcuni aspetti della storia primordiale del nostro Universo. Di modelli dell’universo neonato ne esistono diversi (teoria delle stringhe) e grazie al fatto che fino ad oggi non sono state osservate le onde gravitazionali ha fatto in modo di poter eliminare diversi possibili modelli. E’ stato un altro piccolo passo nella comprensione dei parametri che descrivono l’evoluzione dell’universo pochi minuti dopo il Big Bang. Secondo la teoria delle stringhe e’ possibile che nella fase iniziale dell’universo si siano formate delle stringhe cosmiche successivamente “stirate” dall’espansione; queste stringhe avrebbero potuto formare degli anelli di energia producendo delle onde gravitazionali. Poiché’ queste non sono state osservate, quei modelli che prevedono onde gravitazionali molto intense subito dopo la nascita dell’universo possono essere abbandonati (vedi articolo An Upper Limit on the Amplitude of Stochastic Gravitational-Wave Background of Cosmological Origin su Nature).
Riuscire a dimostrare l’esistenza delle onde gravitazionali non portera’ solo ad una migliore conoscenza del nostro universo e della sua nascita ma anche una conferma della cosiddetta teoria quantistica dei campi. Secondo la meccanica quantistica (dualismo onda-particella) ogni particella può essere considerata come un’onda e allo stesso tempo ogni onda (come quella della luce) come costituita da particelle (i fotoni nel caso della luce). Come un’ onda elettromagnetica si puo’ considerare come una sovrapposizione di fotoni, allo stesso modo un’onda gravitazionale si puo’ considerare come costituita da quanti detti “gravitoni”, particelle di massa nulla e viaggianti alla velocita’ della luce esattamente come i fotoni per “trasportare” la forza da un oggetto all’altro. Quindi la rilevazione delle onde gravitazionali sarebbe una prova dell’esistenza del gravitone che e’ l’unico bosone ancora mancante nel quadro del modello standard. Secondo questo modello le forze fondamentali sono 4: 1) Forza elettromagnetica 2) Forza debole 3) Forza nucleare 4) Forza gravitazionale
e ognuna di queste ha un “vettore” che trasmette l’interazione tra gli oggetti chiamato bosone (l’onda rossa dell’immagine qui sotto).
 

La prima forza e’ responsabile dell’interazione tra cariche elettriche e il vettore portatore di tale forza si chiama fotone, la seconda e’ responsabile della radioattivita’ del nucleo e i portatori sono le famose particelle Zo e W+/W-, la terza e’ responsabile della coesione del nucleo col vettore chiamato gluone (dall’inglese colla) e l’ultima dell’interazione tra la materia presente nel nostro universo grazie allo scambio del gravitone. Riguardo le particelle fondamentali, secondo il modello standard tutto si riduce ai cosiddetti quark e leptoni come mostrato nella tabella sottostante.
 


E’ stato proprio il modello standard negli ultimi mesi a trovarsi sotto le luci della ribalta grazie alla scoperta del Bosone di Higgs al CERN di Ginevra. Nel modello standard infatti c’era un problema: le particelle non avrebbero dovuto avere una massa implicando delle forze a lungo raggio di azione. Ma noi sappiamo che cio’ non e’ vero come nel caso delle forze deboli dove il raggio di azione e’ molto corto essendo i quanti mediatori delle particelle molto pesanti. Tutto e’ andato al suo posto nel momento in cui e’ stata scoperta la particella di Higgs. Secondo quanto predetto da Higgs le particelle non hanno massa ma l’acquistano solo dopo aver interagito con un campo detto appunto campo di Higgs. In questa ottica, i bosoni della forza elettrodebole hanno una massa in quanto interagiscono col campo di Higgs mentre i fotoni no in quanto non interagiscono con esso.
Un’analogia usata comunemente per rappresentare la diversa interazione delle particelle elementari con il campo di Higgs, e quindi l’origine delle loro masse, è quella del gelataio che arriva su una spiaggia affollata da bambini; tutti i bambini corrono verso il gelataio rallentandone il suo moto e dando cosi l’impressione che il gelataio sia diventato piu’ “pesante” essendo diventato piu’ lento. Se il campo di Higgs (i bambini sulla spiaggia) non esistesse, l’universo sarebbe fatto di particelle (i gelatai) senza massa in moto alla velocità della luce!
In definitiva l’eventuale scoperta delle onde gravitazionali e del gravitone aggiungerebbe un altro tassello importante al modello standard e alla comprensione quindi del mondo che ci circonda.


Ieri, 11 Febbraio 2016 e' stato dato l'annuncio della scoperta delle onde gravitazionali da parte del team LIGO. Qui di seguito i dettagli tecnici. Buona lettura.

https://www.ligo.caltech.edu/system/media_files/binaries/301/original/detection-science-summary.pdf
http://www.wikio.it